2 Maggio 2022 22:49 UTC – There and Back Again
È un club davvero molto ristretto quello delle aziende con la capacità di recuperare e riutilizzare i propri vettori. E diventa un club quasi unico se si considerano i lanciatori orbitali. In tutta la storia solo la NASA (attraverso i suoi numerosi fornitori) con lo Space Shuttle e i relativi SRB, e la SpaceX con i Falcon9/Heavy hanno dimostrato tale capacità. Rocket Lab, però, sta rapidamente raggiungendo l’ingresso in questo ristretto gruppo. La missione avvenuta nella notte tra lunedì e martedì è una vera chiave di volta nel raggiungimento di questo obbiettivo.
L’Electron decollato dalla peninsula Māhia era diverso dai suoi predecessori. Oltre ai dettagli rossi, usati quasi sempre in passato per indicare l’intenzione di recuperare il primo stadio, gran parte del lanciatore era rivestito da una sottile pellicola in grafite che gli dava un aspetto metallico satinato. Ma ovviamente la differenza più grande è stato il primo tentativo dell’azienda neozelandese di recuperarlo “al volo”.
Nelle tre occasioni precedenti di recupero, dopo una discesa controllata con un paracadute, il primo stadio è sempre ammarato, venendo ripescato poco dopo. Il piano di recupero operativo, invece, prevede che l’elicottero agganci il paracadute dell’Electron durante la discesa. Precedentemente si era parlato della possibilità di adagiare il vettore a bordo della nave di supporto o addirittura di riportarlo direttamente a terra. Ma durante le operazioni di questa missione Peter Beck, CEO di Rocket Lab, ha ventilato anche l’ipotesi di “sganciarlo” direttamente in acqua a breve distanza dalla nave, riducendo il tempo a contatto con l’acqua salata al minimo. Oltre a sottolineare il fatto che non sempre potranno tentare il recupero degli Electron, come nel caso dei lanci notturni o in altre condizioni non ottimali.
Questo primo tentativo è stato un 50 e 50. Il Sikorsky S-92A ha agganciato alla perfezione il cavo del paracadute. A detta del pilota, però, le caratteristiche del carico sono risultate molto diverse da quelle dei test e, a sua discrezione, ha preferito sganciare il primo stadio per sicurezza. Seguendo la diretta, tutti gli appassionati hanno espresso una forte preoccupazione che, una volta sganciato, il booster si sarebbe distrutto a contatto con l’oceano. Ma, in realtà, il paracadute si è riaperto e ne ha permesso un ammaraggio dolce come nelle occasioni precedenti. Recuperato a bordo della nave Seaworker, verrà sicuramente analizzato a fondo ed in ogni sua parte, ma potrebbe già essere impiegato in un futuro volo, senza dover attendere ulteriori iterazioni. Anche l’anomalia che ha sperimentato il pilota è, secondo Beck, facilmente correggibile.
Va ammesso però, che nonostante l’enorme importanza di questo primo tentativo per la Rocket Lab, si è trattato comunque di un obbiettivo secondario della missione. Il naturale compito principale del volo dell’Electron è pur sempre portare in orbita il carico dei clienti. E a bordo sono stati trasportati ben 34 satelliti per 6 diversi clienti: 4 pico-satelliti per Alba Orbital, 1 satellite a testa per Astrix Astronautics, Aurora Propulsion Technologies e UnseenLabs, i primi 3 satelliti dimostratori per E-Space e 24 SpaceBEE per Swarm Technologies.